domenica 5 aprile 2009

DECIMO CANTO

Ora sen va per un secreto calle,
tra ’l muro de la terra e li martìri,
3 lo mio maestro, e io dopo le spalle.
"O virtù somma, che per li empi giri
mi volvi", cominciai, "com’a te piace,
6 parlami, e sodisfammi a’ miei disiri.
La gente che per li sepolcri giace
potrebbesi veder? già son levati
9 tutt’i coperchi, e nessun guardia face".
E quelli a me: "Tutti saran serrati
quando di Iosafàt qui torneranno
12 coi corpi che là sù hanno lasciati.
Suo cimitero da questa parte hanno
con Epicuro tutti suoi seguaci,
15 che l’anima col corpo morta fanno.
Però a la dimanda che mi faci
quinc’entro satisfatto sarà tosto,
18 e al disio ancor che tu mi taci".
E io: "Buon duca, non tegno riposto
a te mio cuor se non per dicer poco,
21 e tu m’hai non pur mo a ciò disposto".
"O Tosco che per la città del foco
vivo ten vai così parlando onesto,
24 piacciati di restare in questo loco.
La tua loquela ti fa manifesto
di quella nobil patrïa natio,
27 a la qual forse fui troppo molesto".
Subitamente questo suono uscìo
d’una de l’arche; però m’accostai,
30 temendo, un poco più al duca mio.
Ed el mi disse: "Volgiti! Che fai?
Vedi là Farinata che s’è dritto:
33 da la cintola in sù tutto ’l vedrai".
Io avea già il mio viso nel suo fitto;
ed el s’ergea col petto e con la fronte
36 com’avesse l’inferno a gran dispitto.
E l’animose man del duca e pronte
mi pinser tra le sepulture a lui,
39 dicendo: "Le parole tue sien conte".
Com’io al piè de la sua tomba fui,
guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,
42 mi dimandò: "Chi fuor li maggior tui?".
Io ch’era d’ubidir disideroso,
non gliel celai, ma tutto gliel’apersi;
45 ond’ei levò le ciglia un poco in suso;
poi disse: "Fieramente furo avversi
a me e a miei primi e a mia parte,
48 sì che per due fïate li dispersi".
"S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogne parte",
rispuos’io lui, "l’una e l’altra fïata;
51 ma i vostri non appreser ben quell’arte".
Allor surse a la vista scoperchiata
un’ombra, lungo questa, infino al mento:
54 credo che s’era in ginocchie levata.
Dintorno mi guardò, come talento
avesse di veder s’altri era meco;
57 e poi che ’l sospecciar fu tutto spento,
piangendo disse: "Se per questo cieco
carcere vai per altezza d’ingegno,
60 mio figlio ov’è? e perché non è teco?".
E io a lui: "Da me stesso non vegno:
colui ch’attende là, per qui mi mena
63 forse cui Guido vostro ebbe a disdegno".
Le sue parole e ’l modo de la pena
m’avean di costui già letto il nome;
66 però fu la risposta così piena.
Di sùbito drizzato gridò: "Come?
dicesti "elli ebbe"? non viv’elli ancora?
69 non fiere li occhi suoi lo dolce lume?".
Quando s’accorse d’alcuna dimora
ch’io facëa dinanzi a la risposta,
72 supin ricadde e più non parve fora.
Ma quell’altro magnanimo, a cui posta
restato m’era, non mutò aspetto,
75 né mosse collo, né piegò sua costa;
e sé continüando al primo detto,
"S’elli han quell’arte", disse, "male appresa,
78 ciò mi tormenta più che questo letto.
Ma non cinquanta volte fia raccesa
la faccia de la donna che qui regge,
81 che tu saprai quanto quell’arte pesa.
E se tu mai nel dolce mondo regge,
dimmi: perché quel popolo è sì empio
84 incontr’a’ miei in ciascuna sua legge?".
Ond’io a lui: "Lo strazio e ’l grande scempio
che fece l’Arbia colorata in rosso,
87 tal orazion fa far nel nostro tempio".
Poi ch’ebbe sospirando il capo mosso,
"A ciò non fu’ io sol", disse, "né certo
90 sanza cagion con li altri sarei mosso.
Ma fu’ io solo, là dove sofferto
fu per ciascun di tòrre via Fiorenza,
93 colui che la difesi a viso aperto".
"Deh, se riposi mai vostra semenza",
prega’ io lui, "solvetemi quel nodo
96 che qui ha ’nviluppata mia sentenza.
El par che voi veggiate, se ben odo,
dinanzi quel che ’l tempo seco adduce,
99 e nel presente tenete altro modo".
"Noi veggiam, come quei c’ha mala luce,
le cose", disse, "che ne son lontano;
102 cotanto ancor ne splende il sommo duce.
Quando s’appressano o son, tutto è vano
nostro intelletto; e s’altri non ci apporta,
105 nulla sapem di vostro stato umano.
Però comprender puoi che tutta morta
fia nostra conoscenza da quel punto
108 che del futuro fia chiusa la porta".
Allor, come di mia colpa compunto,
dissi: "Or direte dunque a quel caduto
111 che ’l suo nato è co’ vivi ancor congiunto;
e s’i’ fui, dianzi, a la risposta muto,
fate i saper che ’l fei perché pensava
114 già ne l’error che m’avete soluto".
E già ’l maestro mio mi richiamava;
per ch’i’ pregai lo spirto più avaccio
117 che mi dicesse chi con lu’ istava.
Dissemi: "Qui con più di mille giaccio:
qua dentro è ’l secondo Federico
120 e ’l Cardinale; e de li altri mi taccio".
Indi s’ascose; e io inver’ l’antico
poeta volsi i passi, ripensando
123 a quel parlar che mi parea nemico.
Elli si mosse; e poi, così andando,
mi disse: "Perché se’ tu sì smarrito?".
126 E io li sodisfeci al suo dimando.
"La mente tua conservi quel ch’udito
hai contra te", mi comandò quel saggio;
129 "e ora attendi qui", e drizzò ’l dito:
"quando sarai dinanzi al dolce raggio
di quella il cui bell’occhio tutto vede,
132 da lei saprai di tua vita il vïaggio".
Appresso mosse a man sinistra il piede:
lasciammo il muro e gimmo inver’ lo mezzo
135 per un sentier ch’a una valle fiede,
che ’nfin là sù facea spiacer suo lezzo.

PARAFRASI
Ora il mio maestro avanza per uno stretto sentiero, tra il muro che cinge la città e i sepolcri roventi, e io lo seguo. "O virtù eccelsa (Virgilio), che mi conduci, come tu vuoi, attraverso i cerchi degli empi" presi a dire, "parla ed esaudisci il mio desiderio. Sarebbe possibile vedere i peccatori che giacciono dentro le tombe? tutti i coperchi, infatti, sono sollevati, e nessuno fa ad essi la guardia. " E Virgilio: "Tutte le tombe saranno chiuse quando (nel giorno del Giudizio Universale) le anime torneranno qui dalla valle di Giosafàt insieme ai corpi che hanno lasciato in terra. In questa zona del cerchio hanno il loro luogo di sepoltura Epicuro e i suoi adepti, i quali credono che l’anima muoia insieme al corpo. Perciò ben presto dentro questo stesso cerchio sarà data soddisfazione alla domanda che mi fai, e anche al desiderio che mi nascondi ". E io: "Mia buona guida, io non ti tengo celato il mio animo se non per parlare poco, e tu stesso mi hai indotto a ciò non soltanto ora". "O Toscano che ancora in vita percorri la città infuocata parlando in modo così decoroso, abbi la compiacenza di fermarti qui. Il tuo modo di parlare rivela che sei nato in quella nobile terra alla quale forse arrecai troppo danno." Questa voce si levò all’improvviso da uno dei sepolcri; mi avvicinai, intimorito, un po più a Virgilio. Ed egli mi disse: "Voltati: che cosa fai? Ecco là Farinata che si è levato: lo vedrai interamente dalla cintola in su ". Io avevo già fissato il mio sguardo nel suo; ed egli stava eretto con il petto e con la fronte quasi avesse l’inferno in grande disprezzo. E le mani incoraggianti e sollecite ti Virgilio mi sospinsero fra le tombe verso quel dannato, con questa esortazione: "Le tue parole siano misurate". Non appena fui ai piedi della sua tomba, mi osservò un poco, e poi, quasi sprezzante, mi chiese: "Chi furono i tuoi antenati ? " Io, che desideravo obbedire, non glieli nascosi, ma tutti glieli indicai; per cui egli sollevò un poco le ciglia, poi disse: "Furono acerrimi nemici miei e dei miei avi e del mio partito, tanto che per due volte li debellai". " Se furono mandati in esilio, tornarono da ogni luogo" gli risposi "sia la prima che la seconda volta; ma i vostri non impararono bene l’arte del ritornare". A questo punto si levò dall’apertura scoperchiata un’ombra accanto a quella di Farinata, visibile dal mento in su: penso si fosse alzata sulle ginocchia. Guardò intorno a me, come se avesse desiderio di vedere se con me c’era qualcun altro; e dopo che ebbe finito di dubitare, tra le lagrime disse: "Se il tuo alto ingegno ti consente di attraversare la buia prigione infernale, dov’è mio figlio? perché non è con te? ". Ed io: "Non giungo per mio merito: Virgilio, che là mi aspetta, attraverso questo luogo mi conduce, se riuscirà a seguirlo, fino a colei (Beatrice, simbolo della fede) che il vostro Guido ebbe in dispregio". Le sue parole e la qualità del supplizio mi avevano già palesato il nome di questo peccatore; perciò la mia risposta fu tanto esauriente. Alzatosi di scatto in piedi gridò: "Come hai detto? egli ebbe? non vive più? la dolce luce non colpisce più i suoi occhi? " Quando si avvide di un certo indugio che io facevo prima di rispondergli, cadde nuovamente indietro e non si mostrò più fuori. Ma il magnanimo Farinata, a richiesta del quale mi ero fermato, non cambiò espressione, né mosse il collo, né chinò il suo fianco; e proseguendo il discorso di prima, disse: " Se hanno male imparato l’ arte del ritornare, ciò mi procura un dolore più grande di quanto non faccia la tomba in cui sto a giacere. Ma il volto della donna che qui governa non si riaccenderà nemmeno cinquanta volte, che tu stesso apprenderai quanto sia dura l’arte di ritornare in patria. E voglia il cielo che tu possa ritornare nel mondo dei vivi, dimmi (per questo augurio che ti faccio): perché il popolo fiorentino è così spietato in ogni sua legge contro quelli della mia famiglia? " Gli risposi: " La crudelissima strage che tinse del colore del sangue il fiume Arbia, fa prendere tali decisioni nelle nostre assemblee ". Dopo aver sospirato e scosso la testa, disse: " Non fui io solo a provocare questa strage né certamente senza un motivo mi sarei mosso insieme agli altri esuli. Ma fui io solo, là dove fu da tutti tollerato che Firenze venisse rasa al suolo, colui che la difesi apertamente " "Deh, possa aver pace un giorno la vostra discendenza " lo pregai, "scioglietemi (in nome di questo augurio) quel dubbio che in questo cerchio ha confuso le mie idee. Sembra che voi prevediate , se intendo bene, quello che il tempo porta con sé (il futuro), ma per il presente vi trovate in una condizione diversa. " " Noi vediamo " disse " come colui che ha la vista difettosa, le cose che sono da noi lontane; di tanto ancora ci illumina Dio. Quando esse si avvicinano o sono presenti, la nostra mente non ci è di nessun aiuto; e se qualcun altro non ci porta notizie, non sappiamo nulla del vostro stato sulla terra. Puoi pertanto capire come la nostra conoscenza sarà del tutto offuscata dal momento in cui (dopo il Giudizio Universale) la porta del futuro si chiuderà. " Allora, come punto dal rimorso per una colpa da me compiuta, parlai: " Ora direte dunque all’ombra che è ricaduta (nel sepolcro) che suo figlio è ancora unito ai vivi; e riferitele che, se poc’anzi tacqui invece di risponderle, lo feci perché già stavo pensando al dubbio che mi avete chiarito ". Ormai Virgilio mi stava richiamando; perciò con maggior sollecitudine pregai Farinata che mi facesse i nomi dei suoi compagni di pena. Mi disse: " In questa parte del cerchio giaccio con moltissimi altri: qui dentro ci sono Federico Il, e il Cardinale; e taccio dei rimanenti ". Poi si nascose (nel sepolcro); ed io mi diressi verso Virgilio, riandando col pensiero a quella profezia che mi sembrava ostile. Egli s’incamminò; e poi, mentre procedevamo, mi chìese: " Perché sei così turbato? " E io risposi alla sua domanda. "La tua memoria serbi ciò che di ostile ti è stato predetto " mi ingiunse Virgilio. "Ed ora fa attenzione a queste parole " ed alzò l’indice: " quando ti troverai in presenza della soave luce che si sprigiona da colei (Beatrice) che vede tutte le cose, apprenderai da lei il corso della tua vita. " Poi si diresse verso sinìstra: ci allontanammo dal muro e procedemmo, verso la parte centrale del cerchio seguendo un sentiero che terminava in un baratro il quale faceva giungere fin lassù il suo puzzo nauseabondo.

1 commento:

  1. ma dove cavolo è il 33 canto dell' inferno che oggi mi serviva? se prendo 4 dico al prfo di metterlo a te ...............
    sai già chi sono......................
    a proposito vieni al concerto il 2 agosto dei The chemical brothers

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