domenica 5 aprile 2009

QUINTO CANTO

Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia
3 e tanto più dolor, che punge a guaio.
Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
6 giudica e manda secondo ch’avvinghia.
Dico che quando l’anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
9 e quel conoscitor de le peccata
vede qual loco d’inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
12 quantunque gradi vuol che giù sia messa.
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
15 dicono e odono e poi son giù volte.
"O tu che vieni al doloroso ospizio",
disse Minòs a me quando mi vide,
18 lasciando l’atto di cotanto offizio,
"guarda com’entri e di cui tu ti fide;
non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!".
21 E ’l duca mio a lui: "Perché pur gride?
Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
24 ciò che si vuole, e più non dimandare".
Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
27 là dove molto pianto mi percuote.
Io venni in loco d’ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
30 se da contrari venti è combattuto.
La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
33 voltando e percotendo li molesta.
Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
36 bestemmian quivi la virtù divina.
Intesi ch’a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
39 che la ragion sommettono al talento.
E come li stornei ne portan l’ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
42 così quel fiato li spiriti mali
di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
45 non che di posa, ma di minor pena.
E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
48 così vid’io venir, traendo guai,
ombre portate da la detta briga;
per ch’i’ dissi: "Maestro, chi son quelle
51 genti che l’aura nera sì gastiga?".
"La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper", mi disse quelli allotta,
54 "fu imperadrice di molte favelle.
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
57 per tòrre il biasmo in che era condotta.
Ell’è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
60 tenne la terra che ’l Soldan corregge.
L’altra è colei che s’ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
63 poi è Cleopatràs lussurïosa.
Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi ’l grande Achille,
66 che con amore al fine combatteo.
Vedi Parìs, Tristano"; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
69 ch’amor di nostra vita dipartille.
Poscia ch’io ebbi il mio dottore udito
nomar le donne antiche e ’ cavalieri,
72 pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.
I’ cominciai: "Poeta, volontieri
parlerei a quei due che ’nsieme vanno,
75 e paion sì al vento esser leggeri".
Ed elli a me: "Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
78 per quello amor che i mena, ed ei verranno".
Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: "O anime affannate,
81 venite a noi parlar, s’altri nol niega!".
Quali colombe dal disio chiamate
con l’ali alzate e ferme al dolce nido
84 vegnon per l’aere dal voler portate;
cotali uscir de la schiera ov’è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,
87 sì forte fu l’affettüoso grido.
"O animal grazïoso e benigno
che visitando vai per l’aere perso
90 noi che tignemmo il mondo di sanguigno,
se fosse amico il re de l’universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
93 poi c’hai pietà del nostro mal perverso.
Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
96 mentre che ’l vento, come fa, ci tace.
Siede la terra dove nata fui
su la marina dove ’l Po discende
99 per aver pace co’ seguaci sui.
Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona
102 che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
105 che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense".
108 Queste parole da lor ci fuor porte.
Quand’io intesi quell’anime offense,
china’ il viso e tanto il tenni basso,
111 fin che ’l poeta mi disse: "Che pense?".
Quando rispuosi, cominciai: "Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
114 menò costoro al doloroso passo!".
Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: "Francesca, i tuoi martìri
117 a lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
120 che conosceste i dubbiosi disiri?".
E quella a me: "Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
123 ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.
Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
126 dirò come colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
129 soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
132 ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
135 questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
138 quel giorno più non vi leggemmo avante".
Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangëa; sì che di pietade
141 io venni men così com’io morisse.
E caddi come corpo morto cade.

PARAFRASI
Scesi dunque dal primo nel secondo cerchio, dove c’è meno spazio, ma una pena tanto più crudele, che spinge le anime a lamentarsi. Li’ c’è l’ orribile Minosse, e ringhia: valuta, all’ingresso del cerchio, le colpe delle anime; li giudica e li manda al loro posto a seconda del numero di volte che attorciglia la coda intorno al proprio corpo. Voglio dire che quando l’anima sciagurata si presenta a lui, confessa i suoi peccati; e quel giudice dei peccati comprende quale parte dell’inferno si addice ad essa; si avvolge con la coda tante volte per quanti cerchi infernali vuole che venga precipitata in basso .Davanti a lui ci sono sempre in gran numero di anime: a turno si sottopongono ciascuna al suo giudizio; si confessano e ascoltano la sentenza, e poi vengono mandate giù.”O tu che vieni nel luogo del dolore”, mi disse Minosse quando mi vide, interrompendo l’azione di un dovere così importante,”guardati dell’ entrare, e guardati da colui di cui ti fidi, non farti trarre in inganno dalla larghezza dell’entrata!” E Virgilio gli disse: ” Perché gridi ? Non ostacolare il suo viaggio predestinato: si vuole così là dove si può fare tutto ciò che si vuole, e non chiedere altro”. A questo punto cominciano a farsi sentire le grida di dolore; ora sono arrivato là dove molti pianti mi colpiscono. Arrivai in un posto privo d’ogni luce, che muggisce come un mare in tempesta, colpito da venti contrari .La tempesta infernale,che non si ferma mai, trascina le anime con impeto travolgente: le tormenta facendole vorticare e percotendole. Quando giungono davanti al precipizio, ecco le grida,il pianto, i lamenti; bestemmiano la virtù di Dio. Capii che a una tale pena sono condannati i lussuriosi, che sottomettono la ragione alla passione. E come le ali portano gli stornelli in inverno, che si dispongono in gruppi estesi e compatti, così quel vento trascina le anime perverse di qua, di là, di su, di giù; mai nessuna speranza li conforta, non smettono mai di vorticare. E come le gru sono solite cantare i loro lamenti, disponendosi in aria in lunghe file, così vidi avvicinarsi, emettendo gemiti, le anime portate dal turbine sopra menzionato: per questo chiesi: ” Chi sono mai, maestro, quegli spiriti che il vento buio in tal modo punisce?” “La prima di quelle anime di cui tu mi chiedi notizia” mi rispose allora Virgilio, “regnò su molti popoli di lingua diversa. Fu così corrottadalla lussuria, che legalizzò, ogni forma di piacere. E’ Semiramide, di cui le storie raccontano che fu sposa di Nino, a cui succedette:governò la regione che attualmente il sultano governa.L’altra è Didone, che si tolse la vita, per amore, e non rimase fedele al cadavere del marito Sicheo, e c’e anche la lussuriosa Cleopatra. Guarda Elena, a causa della quale trascorsero tanti anni di guerra, e guarda il famoso Achille, che morì combattendo per amore. Guarda Paride, Tristano “; e mi indicò più di mille anime, facendo i nomi di persone che l’ amore strappò alla vita. Dopo aver ascoltato il mio maestro nominare tutti quelle donne ed eroi dell’antichità, fui preso dalla compassione, e quasi svenni. Dissi: “Poeta, desidererei parlare con quei due che vorticano uniti, e che sembrano così leggeri nel vento”. E Virgilio: ” Vedrai quando saranno più vicini; e tu allora pregali in nome di quell’ amore che li conduce, e loro verranno”. Non appena il vento li portò verso di noi, dissi: “O anime tormentate, venite a parlarci, se nessuno ve lo vieta! ” Come le colombe, chiamate dal desiderio, si diressero nel cielo verso l’amato nido, con le ali spiegate e immobili, portate dal desiderio, così esse uscirono dalla schiera delle anime di cui fa parte anche Didone, venendo da noi attraverso l’aria infernale, tanto forte fu il richiamo affettuoso. “O uomo cortese e benevolo che attraverso l’aria buia vieni a visitare noi che macchiammo il mondo di sangue, se il re del creato ci fosse amico, noi lo pregheremmo per la tua pace, dal momento che provi compassione per il nostro atroce tormento. Ascolteremo e vi diremo quelle cose che vorrete dire e ascoltare, per tutto il tempo che la bufera ci lascia in pace, La città dove nacqui si affaccia sulla spiaggia dove il Po sfocia per trovare, coi suoi affluenti, quiete. Amore, che rapidamente fa presa su un cuore nobile, si impadronì di Paolo per la mia bellezza fisica, bellezza che mi fu tolta quando venni uccisa; e il modo in cui fui uccisa ancora oggi mi offende. Amore, che non permette che chi è amato non ami a sua volta, mi fece innamorare della bellezza di Paolo, che, come ben puoi vedere, ancora mi lega a lui. L’ amore ci portò a morire insieme: colui che ci ha tolto la vita è atteso nella Caina.” Queste parole ci vennero dette da loro. Udite quelle anime travagliate, abbassai io sguardo, e lo tenni abbassato tanto a lungo, che alla fine Virgilio mi chiese: “A cosa pensi? ” Risposi: “Ohimè, quanti pensieri amorosi, quanto desiderio condusse loro a peccare! ” Poi, rivolto a loro, parlai, e dissi: “Francesca, le tue sofferenze mi rendono triste e pietoso. Però dimmi: al tempo dei dolci sospiri, perché e come l’ amore consentì che la passione si rivelasse?” E Francesca rispose: “Nulla mi addolora maggiormente che ripensare ai momenti di gioia quando si è nel dolore; e di ciò è consapevole il tuo maestro,Ma se sei così curioso, te lo dirò piangendo. Noi leggevamo un giorno, per svago, la storia di Lancillotto e dell’amore che s’impadronì di lui: eravamo soli e non avevamo nulla da temere. Più volte quella lettura fece incontrare i nostri sguardi, e ci fece impallidire; ma solo un passo ad avere la meglio sulla nostra resistenza. Quando leggemmo come la bocca desiderata di Ginevra fu baciata da un così nobile innamorato, Paolo, che mai sarà separato da me, mi baciò, trepidante, la bocca. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse: quel giorno non proseguimmo oltre nella sua lettura”.Mentre una delle due anime diceva queste cose, l’altra piangeva, così che per la compassione perdetti i sensi e caddi a terra come cade un corpo morto

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