domenica 5 aprile 2009

NONO CANTO

Quel color che viltà di fuor mi pinse
veggendo il duca mio tornare in volta,
3 più tosto dentro il suo novo ristrinse.
Attento si fermò com’uom ch’ascolta;
ché l’occhio nol potea menare a lunga
6 per l’aere nero e per la nebbia folta.
"Pur a noi converrà vincer la punga",
cominciò el, "se non... Tal ne s’offerse.
9 Oh quanto tarda a me ch’altri qui giunga!".
I’ vidi ben sì com’ei ricoperse
lo cominciar con l’altro che poi venne,
12 che fur parole a le prime diverse;
ma nondimen paura il suo dir dienne,
perch’io traeva la parola tronca
15 forse a peggior sentenzia che non tenne.
"In questo fondo de la trista conca
discende mai alcun del primo grado,
18 che sol per pena ha la speranza cionca?".
Questa question fec’io; e quei "Di rado
incontra", mi rispuose, "che di noi
21 faccia il cammino alcun per qual io vado.
Ver è ch’altra fïata qua giù fui,
congiurato da quella Eritón cruda
24 che richiamava l’ombre a’ corpi sui.
Di poco era di me la carne nuda,
ch’ella mi fece intrar dentr’a quel muro,
27 per trarne un spirto del cerchio di Giuda.
Quell’è ’l più basso loco e ’l più oscuro,
e ’l più lontan dal ciel che tutto gira:
30 ben so ’l cammin; però ti fa sicuro.
Questa palude che ’l gran puzzo spira
cigne dintorno la città dolente,
33 u’ non potemo intrare omai sanz’ira".
E altro disse, ma non l’ho a mente;
però che l’occhio m’avea tutto tratto
36 ver’ l’alta torre a la cima rovente,
dove in un punto furon dritte ratto
tre furïe infernal di sangue tinte,
39 che membra feminine avieno e atto,
e con idre verdissime eran cinte;
serpentelli e ceraste avien per crine,
42 onde le fiere tempie erano avvinte.
E quei, che ben conobbe le meschine
de la regina de l’etterno pianto,
45 "Guarda", mi disse, "le feroci Erine.
Quest’è Megera dal sinistro canto;
quella che piange dal destro è Aletto;
48 Tesifón è nel mezzo"; e tacque a tanto.
Con l’unghie si fendea ciascuna il petto;
battiensi a palme e gridavan sì alto,
51 ch’i’ mi strinsi al poeta per sospetto.
"Vegna Medusa: sì ’l farem di smalto",
dicevan tutte riguardando in giuso;
54 "mal non vengiammo in Tesëo l’assalto".
"Volgiti ’n dietro e tien lo viso chiuso;
ché se ’l Gorgón si mostra e tu ’l vedessi,
57 nulla sarebbe di tornar mai suso".
Così disse ’l maestro; ed elli stessi
mi volse, e non si tenne a le mie mani,
60 che con le sue ancor non mi chiudessi.
O voi ch’avete li ’ntelletti sani,
mirate la dottrina che s’asconde
63 sotto ’l velame de li versi strani.
E già venìa su per le torbide onde
un fracasso d’un suon, pien di spavento,
66 per cui tremavano amendue le sponde,
non altrimenti fatto che d’un vento
impetüoso per li avversi ardori,
69 che fier la selva e sanz’alcun rattento
li rami schianta, abbatte e porta fori;
dinanzi polveroso va superbo,
72 e fa fuggir le fiere e li pastori.
Li occhi mi sciolse e disse: "Or drizza il nerbo
del viso su per quella schiuma antica
75 per indi ove quel fummo è più acerbo".
Come le rane innanzi a la nimica
biscia per l’acqua si dileguan tutte,
78 fin ch’a la terra ciascuna s’abbica,
vid’io più di mille anime distrutte
fuggir così dinanzi ad un ch’al passo
81 passava Stige con le piante asciutte.
Dal volto rimovea quell’aere grasso,
menando la sinistra innanzi spesso;
84 e sol di quell’angoscia parea lasso.
Ben m’accorsi ch’elli era da ciel messo,
e volsimi al maestro; e quei fé segno
87 ch’i’ stessi queto ed inchinassi ad esso.
Ahi quanto mi parea pien di disdegno!
Venne a la porta, e con una verghetta
90 l’aperse, che non v’ebbe alcun ritegno.
"O cacciati del ciel, gente dispetta",
cominciò elli in su l’orribil soglia,
93 "ond’esta oltracotanza in voi s’alletta?
Perché recalcitrate a quella voglia
a cui non puote il fin mai esser mozzo,
96 e che più volte v’ha cresciuta doglia?
Che giova ne le fata dar di cozzo?
Cerbero vostro, se ben vi ricorda,
99 ne porta ancor pelato il mento e ’l gozzo".
Poi si rivolse per la strada lorda,
e non fé motto a noi, ma fé sembiante
102 d’omo cui altra cura stringa e morda
che quella di colui che li è davante;
e noi movemmo i piedi inver’ la terra,
105 sicuri appresso le parole sante.
Dentro li ’ntrammo sanz’alcuna guerra;
e io, ch’avea di riguardar disio
108 la condizion che tal fortezza serra,
com’io fui dentro, l’occhio intorno invio:
e veggio ad ogne man grande campagna,
111 piena di duolo e di tormento rio.
Sì come ad Arli, ove Rodano stagna,
sì com’a Pola, presso del Carnaro
114 ch’Italia chiude e suoi termini bagna,
fanno i sepulcri tutt’il loco varo,
così facevan quivi d’ogne parte,
117 salvo che ’l modo v’era più amaro;
ché tra gli avelli fiamme erano sparte,
per le quali eran sì del tutto accesi,
120 che ferro più non chiede verun’arte.
Tutti li lor coperchi eran sospesi,
e fuor n’uscivan sì duri lamenti,
123 che ben parean di miseri e d’offesi.
E io: "Maestro, quai son quelle genti
che, seppellite dentro da quell’arche,
126 si fan sentir coi sospiri dolenti?".
Ed elli a me: "Qui son li eresïarche
con lor seguaci, d’ogne setta, e molto
129 più che non credi son le tombe carche.
Simile qui con simile è sepolto,
e i monimenti son più e men caldi".
132 E poi ch’a la man destra si fu vòlto,
passammo tra i martìri e li alti spaldi.

PARAFRASI
Quel colore smorto che la paura aveva diffuso sul mio volto, quando avevo veduto Virgilio tornare indietro, fece sparire più presto il pallore che da poco era apparso sul suo. Si arrestò attento come chi cerca di percepire un suono; lo sguardo, infatti, non poteva portarlo a distinguere lontano attraverso l’aria buia e la densa caligine. "Eppure dovremo vincere questa battaglia" prese a dire, "a meno che... (ma no, non è possibile). Tanto potente è colei (Beatrice) che ci promise il suo aiuto: oh quanto mi preoccupa il ritardo di qualcuno! " Mi accorsi facilmente come Virgilio cancellasse il senso delle prime parole con quelle aggiunte in seguito, diverse dalle prime; ciò nonostante il suo discorso mi diede timore, poiché io attribuivo alla frase non conclusa un significato forse peggiore di quello che aveva. "Nel fondo della dolorosa voragine infernale avviene mai che discenda qualcuno del primo cerchio (il limbo), dove le anime hanno come sola punizione la speranza (di vedere Dio) destinata a non realizzarsi mai ?" Feci questa domanda; e Virgilio mi rispose: "Raramente avviene che qualcuno di noi faccia la strada che io sto percorrendo. E’ bensì vero che già un’altra volta fui quaggiù, richiamato dagli scongiuri di quella crudele Eritone che faceva tornare le anime nei loro corpi, Da poco tempo il mio corpo era privo dell’anima, allorché costei mi fece entrare nella città di Dite, per fare uscire un’anima del cerchio dove e dannato Giuda. Quello è il posto più basso e più buio, e più lontano dal cielo che imprime il movimento all’universo: conosco bene il cammino; perciò rassicurati. Nella cosmologia della Commedia, il ciel che tutto gira è, rispetto alla terra, l'ultimo dei nove cieli fisici. E' chiamato Primo Mobile, perché da esso si trasmette il movimento a tutto il creato. L’acquitrino da cui emana il grande fetore circonda tutt’intorno la città dei dannati, nella quale non possiamo ormai entrare senza lotta. E disse altre cose, ma non le ricordo; poiché lo sguardo mi aveva tutto portato verso l’alta torre dalla cima arroventata, dove all’improvviso si erano levate tutte nel medesimo istante tre furie infernali imbrattate di sangue, che avevano corpo e atteggiamentodi donna, e portavano annodati intorno al corpo serpenti d’acqua d’intenso color verde; per capelli avevano serpentelli e serpenti muniti di corna, che ne cingevano le spaventose teste, E Virgilio, che non aveva tardato a riconoscere le ancelle della regina (Proserpina) dell’inferno, mi disse: " Ecco le implacabili Erinni. Dalla parte sinistra è Megera; quella piangente, a destra, è Aletto: nel mezzo c’è Tesifone"; ciò detto, tacque. Ciascuna si lacerava il petto con le unghie; si percuotevano con le mani aperte e urlavano così forte, che per la paura mi strinsi a Virgilio. "Venga Medusa: cosi lo faremo diventare di pietra" dicevano tutte quante guardando verso il basso: "fu male non punire nella persona di Teseo l’ assalto (portato al regno dell’oltretomba). " "Voltati e tieni gli occhi chiusi; poiché se Medusa appare e tu la vedessi, non ti sarebbe più possibile tornare sulla terra. " Così parlò Virgilio; ed egli stesso mi fece voltare, e non si accontentò che io mi coprissi gli occhi con le mie mani, ma volle coprirmeli anche con le sue. O voi che avete le menti non ottenebrate, contemplate l’insegnamento che si nasconde sotto il velo dei versi misteriosi. E già si stava avvicinando sulla superficie fangosa della palude un rumore fragoroso e terrificante, che faceva tremare sia l’una che l’altra riva dello Stige, non diverso da quello di un vento reso violento dal calore delle masse d’aria (che trova sul suo cammino), il quale colpisce la foresta e senza che nulla possa trattenerlo spezza i rami, li scaglia a terra e li trascina fuori (della selva); avanza imponente, in una nuvola di polvere, e causa la fuga dei greggi e dei pastori. Virgilio mi liberò gli occhi (che erano coperti dalle sue mani) e disse: "Dirigi adesso la forza del tuo sguardo sulla superficie schiumosa dell’antica palude, verso quella parte dove la nebbia è più molesta". Come le rane all’apparire della biscia, loro nemica, si disperdono tutte nel l’acqua, fino ad appiattirsi ognuna contro terra, così vidi innumerevoli dannati darsi alla fuga all’avvicinarsi di qualcuno che attraversava camminando lo Stige senza bagnarsi neppure le piante dei piedi. Allontanava dal suo viso la fitta nebbia, muovendo spesso davanti a sé la mano sinistra; e sembrava infastidito soltanto da questa preoccupazione. Compresi facilmente che era inviato dal cielo, e mi volsi a Virgilio; ed egli mi fece intendere con un cenno che dovevo restare tranquillo ed inchinarmi davanti a lui. Ahi come mi sembrava pieno di sdegno! Giunse alla porta (di Dite) e, toccandola con una piccola verga, la aprì senza incontrare alcun ostacolo. "O espulsi dal cielo, stirpe disprezzata", prese a dire sullo spaventoso limitare, " da dove viene questa tracotanza che si raccoglie in voi? Perché vi opponete a quella volontà (la volontà di Dio) il cui compimento non può mai essere ostacolato, e che più di una volta ha accresciuto il vostro dolore? A che serve opporsi ai decreti divini ? Se ben ricordate, il vostro Cerbero, per questa ragione, ha tuttora privi di pelo la parte inferiore del muso e il collo. " Poi tornò indietro ripercorrendo il sozzo cammino, e non ci rivolse neppure una parola, ma assunse l’aspetto di uno che è assillato e stimolato da una preoccupazione diversa da quella di colui che gli sta davanti; e noi ci incamminammo verso la città, rassicurati dopo le sante parole da lui dette. Entrammo in essa senza incontrare opposizioni; e io, che desideravo osservare lo stato delle cose contenute dentro quelle mura fortificate, non appena entrato, mi guardai d’attorno; e vidi da ogni parte una grande pianura colma di dolore e di supplizi crudeli. Come ad Arles, dove la corrente del Rodano (sfociando nel mare) si arresta, e come a Pola, presso il golfo del Quarnaro che delimita l’Italia e ne bagna i confini, le tombe rendono tutto il terreno vario, così facevano qui in qualsiasi punto, solo che la forma della sepoltura era più angosciosa; poichè fra i sepolcri erano sparse fiamme, a causa delle quali erano tanto roventi, che nessun’arte (di fabbro) chiede che il ferro lo sia di più. Le pietre tombali erano tutte sollevate, e uscivano dai sepolcri lamenti così disperati, che parevano davvero (lamenti) di infelici e di suppliziati. E io: "Maestro, quali sono quelle turbe che sepolte dentro quelle tombe, si fanno udire attraverso i loro dolorosi gemiti ? " E Virgilio: "Qui si trovano i capi di eresie con i loro seguaci, di ogni setta, e i sepolcri sono molto più pieni di quanto tu creda. I seguaci di una stessa eresia sono sepolti insieme, e i monumenti sepolcrali sono ora più ora meno caldi". E dopo essersi volto a destra, ci incamminammo fra il luogo dei supplizi e le alte mura.

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