domenica 10 maggio 2009

CANTO DICIOTTESIMO

Luogo è in inferno detto Malebolge,
tutto di pietra di color ferrigno,
3 come la cerchia che dintorno il volge.
Nel dritto mezzo del campo maligno
vaneggia un pozzo assai largo e profondo,
6 di cui suo loco dicerò l’ordigno.
Quel cinghio che rimane adunque è tondo
tra ’l pozzo e ’l piè de l’alta ripa dura,
9 e ha distinto in dieci valli il fondo.
Quale, dove per guardia de le mura
più e più fossi cingon li castelli,
12 la parte dove son rende figura,
tale imagine quivi facean quelli;
e come a tai fortezze da’ lor sogli
15 a la ripa di fuor son ponticelli,
così da imo de la roccia scogli
movien che ricidien li argini e ’ fossi
18 infino al pozzo che i tronca e raccogli.
In questo luogo, de la schiena scossi
di Gerïon, trovammoci; e ’l poeta
21 tenne a sinistra, e io dietro mi mossi.
A la man destra vidi nova pieta,
novo tormento e novi frustatori,
24 di che la prima bolgia era repleta.
Nel fondo erano ignudi i peccatori;
dal mezzo in qua ci venien verso ’l volto,
27 di là con noi, ma con passi maggiori,
come i Roman per l’essercito molto,
l’anno del giubileo, su per lo ponte
30 hanno a passar la gente modo colto,
che da l’un lato tutti hanno la fronte
verso ’l castello e vanno a Santo Pietro,
33 da l’altra sponda vanno verso ’l monte.
Di qua, di là, su per lo sasso tetro
vidi demon cornuti con gran ferze,
36 che li battien crudelmente di retro.
Ahi come facean lor levar le berze
a le prime percosse! già nessuno
39 le seconde aspettava né le terze.
Mentr’io andava, li occhi miei in uno
furo scontrati; e io sì tosto dissi:
42 "Già di veder costui non son digiuno".
Per ch’ïo a figurarlo i piedi affissi;
e ’l dolce duca meco si ristette,
45 e assentio ch’alquanto in dietro gissi.
E quel frustato celar si credette
bassando ’l viso; ma poco li valse,
48 ch’io dissi: "O tu che l’occhio a terra gette,
se le fazion che porti non son false,
Venedico se’ tu Caccianemico.
51 Ma che ti mena a sì pungenti salse?".
Ed elli a me: "Mal volentier lo dico;
ma sforzami la tua chiara favella,
54 che mi fa sovvenir del mondo antico.
I’ fui colui che la Ghisolabella
condussi a far la voglia del marchese,
57 come che suoni la sconcia novella.
E non pur io qui piango bolognese;
anzi n’è questo luogo tanto pieno,
60 che tante lingue non son ora apprese
a dicer "sipa" tra Sàvena e Reno;
e se di ciò vuoi fede o testimonio,
63 rècati a mente il nostro avaro seno".
Così parlando il percosse un demonio
de la sua scurïada, e disse: "Via,
66 ruffian! qui non son femmine da conio".
I’ mi raggiunsi con la scorta mia;
poscia con pochi passi divenimmo
69 là ’v’uno scoglio de la ripa uscia.
Assai leggeramente quel salimmo;
e vòlti a destra su per la sua scheggia,
72 da quelle cerchie etterne ci partimmo.
Quando noi fummo là dov’el vaneggia
di sotto per dar passo a li sferzati,
75 lo duca disse: "Attienti, e fa che feggia
lo viso in te di quest’altri mal nati,
ai quali ancor non vedesti la faccia
78 però che son con noi insieme andati".
Del vecchio ponte guardavam la traccia
che venìa verso noi da l’altra banda,
81 e che la ferza similmente scaccia.
E ’l buon maestro, sanza mia dimanda,
mi disse: "Guarda quel grande che vene,
84 e per dolor non par lagrime spanda:
quanto aspetto reale ancor ritene!
Quelli è Iasón, che per cuore e per senno
87 li Colchi del monton privati féne.
Ello passò per l’isola di Lenno
poi che l’ardite femmine spietate
90 tutti li maschi loro a morte dienno.
Ivi con segni e con parole ornate
Isifile ingannò, la giovinetta
93 che prima avea tutte l’altre ingannate.
Lasciolla quivi, gravida, soletta;
tal colpa a tal martiro lui condanna;
96 e anche di Medea si fa vendetta.
Con lui sen va chi da tal parte inganna;
e questo basti de la prima valle
99 sapere e di color che ’n sé assanna".
Già eravam là ’ve lo stretto calle
con l’argine secondo s’incrocicchia,
102 e fa di quello ad un altr’arco spalle.
Quindi sentimmo gente che si nicchia
ne l’altra bolgia e che col muso scuffa,
105 e sé medesma con le palme picchia.
Le ripe eran grommate d’una muffa,
per l’alito di giù che vi s’appasta,
108 che con li occhi e col naso facea zuffa.
Lo fondo è cupo sì, che non ci basta
loco a veder sanza montare al dosso
111 de l’arco, ove lo scoglio più sovrasta.
Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
114 che da li uman privadi parea mosso.
E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco,
vidi un col capo sì di merda lordo,
117 che non parëa s’era laico o cherco.
Quei mi sgridò: "Perché se’ tu sì gordo
di riguardar più me che li altri brutti?".
120 E io a lui: "Perché, se ben ricordo,
già t’ho veduto coi capelli asciutti,
e se’ Alessio Interminei da Lucca:
123 però t’adocchio più che li altri tutti".
Ed elli allor, battendosi la zucca:
"Qua giù m’hanno sommerso le lusinghe
126 ond’io non ebbi mai la lingua stucca".
Appresso ciò lo duca "Fa che pinghe",
mi disse "il viso un poco più avante,
129 sì che la faccia ben con l’occhio attinghe
di quella sozza e scapigliata fante
che là si graffia con l’unghie merdose,
132 e or s’accoscia e ora è in piedi stante.
Taïde è, la puttana che rispuose
al drudo suo quando disse "Ho io grazie
135 grandi apo te?": "Anzi maravigliose!".
E quinci sian le nostre viste sazie".

PARAFRASI
Vi è nell’inferno un luogo chiamato Malebolge, fatto interamente di una pietra del colore del ferro, come la parete rocciosa che tutt’intorno lo circonda. Proprio nel centro di questo piano malvagio si apre un pozzo molto largo e profondo, del quale descriverò la struttura quando sarà il momento. Quella fascia che resta tra il pozzo e la base dell’alta parete rocciosa è pertanto circolare, e ha la superficie suddivisa in dieci avvallamenti. Quale aspetto presenta, dove numerosi fossati circondano i castelli, per proteggerne le mura, il luogo in cui questi si trovano, tale figura offrivano lì quegli avvallamenti e come tali fortezze hanno dalle loro soglie fino alla riva esterna dell’ultimo fossato dei piccoli ponti, così dalla base della parete partivano ponti di pietra che attraversavano gli argini e i fossati fino al pozzo che li interrompe e nel quale convergono. In questo luogo ci venimmo a trovare, scesi dal dorso di Gerione; e Virgilio si diresse verso sinistra, e io mi avviai dietro di lui. Vidi verso destra nuovo dolore, pene mai prima vedute e fustigatori di nuovo genere, di cui il primo avvallamento era pieno. I dannati stavano nudi nel fondo: dalla metà della bolgia verso l’esterno procedevano in direzione contraria alla nostra, dall’altra parte camminavano nella nostra stessa direzione’, ma più velocemente’, come i Romani a causa della grande folla, nell’anno del giubileo, hanno trovato un espediente per far transitare la moltitudine sul ponte (di Castel Sant’Angelo), in modo che da un lato del ponte tutti avevano la fronte rivolta al Castello e si dirigevano verso San Pietro; dall’altro lato andavano verso il monte (Giordano: collina sta alla sinistra del Tevere). Da tutte le parti, sulla buia pietra vidi diavoli cornuti con grandi fruste, che Ii percuotevano spietatamente sulla schiena. Ahi come facevano loro alzare le calcagna fin dai primi colpi! nessuno certo aspettava i secondi e i terzi. Mentre camminavo, il mio sguardo s’imbatté in uno di loro; e immediatamente dissi: "Non è la prima volta che vedo costui "; perciò per poterlo osservare meglio mi fermai: e la mia cara guida si fermò con me, e acconsentì che tornassi un po’ indietro. E quel frustato credette di nascondersi abbassando il viso; ma a poco gli servì, poiché io gli dissi: " O tu che volgi lo sguardo a terra, se le tue fattezze non sono ingannevoli, tu sei Venedico Caccianemico: ma quale peccato ti conduce a così brucianti supplizi ? " Ed egli: " Lo dico controvoglia; ma mi costringono le tue precise parole, che richiamano alla mia memoria la vita terrena. lo fui colui che indusse Ghisolabella a cedere alle brame del Marchese, comunque venga narrata questa turpe storia. Ma non sono il solo bolognese che qui dolorosamente sconta la sua colpa; al contrario, questo luogo è così pieno di Bolognesi, che attualmente non vi sono tante lingue avvezze a dire "sia" tra i fiumi Sàvena e Reno; e se di questo fatto vuoi una prova sicura, ricordati del nostro animo avido ". Mentre così parlava un diavolo lo colpì con la sua frusta, e disse: " Vattene, ruffiano! qui non ci sono donne da prostituire ". lo mi riaccostai alla mia guida; poi, percorsi pochi passi, arrivammo in un punto dove dalla parete rocciosa si staccava un ponte di pietra. Salimmo su di esso con molta facilità; e, diretti verso destra, su per la sua superficie scheggiata, ci allontanammo da quell’eterno girare. Quando fummo nel punto in cui (il ponte) è vuoto sotto di sé per consentire ai frustati di passare, Virgilio disse: " Fermati, e fa in modo che cada su di te lo sguardo di questi altri sciagurati, dei quali ancora non hai veduto il volto poiché hanno camminato nella nostra stessa direzione ". Dal ponte antico osservavamo la fila che avanzava nella nostra direzione percorrendo l’altra parte della bolgia, e che la frusta sospingeva così come faceva con i ruffiani. E Virgilio, senza che io facessi domande, mi disse: " Guarda quel grande che si avvicina, e che non sembra versare lagrime per il dolore. Quale portamento regale ancora conserva! Quello è Giasone, che con il coraggio e la saggezza privò i Colchi del montone. Egli passò per l’isola di Lemno, dono che le audaci donne senza pietà avevano ucciso tutti i loro uomini. Qui con gesti e con parole lusinghiere ingannò Isifile, la giovane che prima aveva ingannato tutte le altre donne. La abbandonò lì, incinta, sola; questo peccato lo rende meritevole di tale supplizio; e si rende giustizia anche per il male da lui fatto a Medea. Con lui va chi usa l’inganno in tal modo: e basti questa conoscenza della prima bolgia e di coloro che essa strazia ". Ci trovavamo già nel punto dove l’angusto sentiero s’incrocia con il secondo argine, e di questo fa sostegno per un altro arco di ponte. Di qui udimmo gente che emetteva lamenti soffocati nell’altra bolgia e soffiava rumorosamente, e percuoteva se stessa con le palme aperte. Le sponde erano incrostate di muffa, a causa delle esalazioni che, provenendo dal basso vi si solidificavano formando come una pasta, la quale irritava la vista e l’olfatto. Il fondo è così profondo, che non vi è luogo adatto per vedere in esso, a meno di salire sulla sommità dell’arco, là dove il ponticello di píetra è più alto. Arrivammo in quel punto; e di là vidi in basso nella bolgia una moltitudine immersa in uno sterco che sembrava provenire dalle latrine umane. E mentre io percorrevo con lo sguardo il fondo della bolgia, scorsi uno con la testa, così imbrattata di sterco, che non si distingueva se avesse o no la tonsura. Quello mi apostrofò " Perché sei così avido di fermare il tuo sguardo su di me più che sugli altri insozzati ? " E io: " Perché, se ricordo bene, io ti ho già veduto quando i tuoi capelli erano puliti, e sei Alessio Interminelli di Lucca: per questo ti osservo più di tutti gli altri ". Ed egli allora, picchiandosi il capo: " Mi hanno fatto affondare in questo luogo le adulazioni delle quali non ebbi mai sazia la lingua ". Poi Virgilio mi disse: " Fa in modo di spingere lo sguardo un po’ più avanti, in modo da raggiungere con gli occhi la faccia di quella sudicia e scarmigliata donnaccia che si graffia laggiù con le unghie lorde, e ora si siede in terra, e ora è dritta in piedi. E’ Taide, la meretrice che al suo amante, quando costui le chiese "Ho io per te grandi meriti?" rispose: "Più che grandi, straordinari!" E di questo spettacolo i nostri occhi siano sazi ".

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