martedì 12 maggio 2009

CANTO VENTOTTOETTESIMO

Chi poria mai pur con parole sciolte
dicer del sangue e de le piaghe a pieno
3 ch’i’ ora vidi, per narrar più volte?
Ogne lingua per certo verria meno
per lo nostro sermone e per la mente
6 c’hanno a tanto comprender poco seno.
S’el s’aunasse ancor tutta la gente
che già, in su la fortunata terra
9 di Puglia, fu del suo sangue dolente
per li Troiani e per la lunga guerra
che de l’anella fé sì alte spoglie,
12 come Livio scrïve, che non erra,
con quella che sentio di colpi doglie
per contastare a Ruberto Guiscardo;
15 e l’altra il cui ossame ancor s’accoglie
a Ceperan, là dove fu bugiardo
ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,
18 dove sanz’arme vinse il vecchio Alardo;
e qual forato suo membro e qual mozzo
mostrasse, d’aequar sarebbe nulla
21 il modo de la nona bolgia sozzo.
Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
com’io vidi un, così non si pertugia,
24 rotto dal mento infin dove si trulla.
Tra le gambe pendevan le minugia;
la corata pareva e ’l tristo sacco
27 che merda fa di quel che si trangugia.
Mentre che tutto in lui veder m’attacco,
guardommi e con le man s’aperse il petto,
30 dicendo: "Or vedi com’io mi dilacco!
vedi come storpiato è Mäometto!
Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
33 fesso nel volto dal mento al ciuffetto.
E tutti li altri che tu vedi qui,
seminator di scandalo e di scisma
36 fuor vivi, e però son fessi così.
Un diavolo è qua dietro che n’accisma
sì crudelmente, al taglio de la spada
39 rimettendo ciascun di questa risma,
quand’avem volta la dolente strada;
però che le ferite son richiuse
42 prima ch’altri dinanzi li rivada.
Ma tu chi se’ che ’n su lo scoglio muse,
forse per indugiar d’ire a la pena
45 ch’è giudicata in su le tue accuse?".
"Né morte ’l giunse ancor, né colpa ’l mena",
rispuose ’l mio maestro, "a tormentarlo;
48 ma per dar lui esperïenza piena,
a me, che morto son, convien menarlo
per lo ’nferno qua giù di giro in giro;
51 e quest’è ver così com’io ti parlo".
Più fuor di cento che, quando l’udiro,
s’arrestaron nel fosso a riguardarmi
54 per maraviglia, oblïando il martiro.
"Or dì a fra Dolcin dunque che s’armi,
tu che forse vedra’ il sole in breve,
57 s’ello non vuol qui tosto seguitarmi,
sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
60 ch’altrimenti acquistar non saria leve".
Poi che l’un piè per girsene sospese,
Mäometto mi disse esta parola;
63 indi a partirsi in terra lo distese.
Un altro, che forata avea la gola
e tronco ’l naso infin sotto le ciglia,
66 e non avea mai ch’una orecchia sola,
ristato a riguardar per maraviglia
con li altri, innanzi a li altri aprì la canna,
69 ch’era di fuor d’ogni parte vermiglia,
e disse: "O tu cui colpa non condanna
e cu’ io vidi su in terra latina,
72 se troppa simiglianza non m’inganna,
rimembriti di Pier da Medicina,
se mai torni a veder lo dolce piano
75 che da Vercelli a Marcabò dichina.
E fa saper a’ due miglior da Fano,
a messer Guido e anco ad Angiolello,
78 che, se l’antiveder qui non è vano,
gittati saran fuor di lor vasello
e mazzerati presso a la Cattolica
81 per tradimento d’un tiranno fello.
Tra l’isola di Cipri e di Maiolica
non vide mai sì gran fallo Nettuno,
84 non da pirate, non da gente argolica.
Quel traditor che vede pur con l’uno,
e tien la terra che tale qui meco
87 vorrebbe di vedere esser digiuno,
farà venirli a parlamento seco;
poi farà sì, ch’al vento di Focara
90 non sarà lor mestier voto né preco".
E io a lui: "Dimostrami e dichiara,
se vuo’ ch’i’ porti sù di te novella,
93 chi è colui da la veduta amara".
Allor puose la mano a la mascella
d’un suo compagno e la bocca li aperse,
96 gridando: "Questi è desso, e non favella.
Questi, scacciato, il dubitar sommerse
in Cesare, affermando che ’l fornito
99 sempre con danno l’attender sofferse".
Oh quanto mi pareva sbigottito
con la lingua tagliata ne la strozza
102 Curïo, ch’a dir fu così ardito!
E un ch’avea l’una e l’altra man mozza,
levando i moncherin per l’aura fosca,
105 sì che ’l sangue facea la faccia sozza,
gridò: "Ricordera’ti anche del Mosca,
che disse, lasso!, "Capo ha cosa fatta",
108 che fu mal seme per la gente tosca".
E io li aggiunsi: "E morte di tua schiatta";
per ch’elli, accumulando duol con duolo,
111 sen gio come persona trista e matta.
Ma io rimasi a riguardar lo stuolo,
e vidi cosa ch’io avrei paura,
114 sanza più prova, di contarla solo;
se non che coscïenza m’assicura,
la buona compagnia che l’uom francheggia
117 sotto l’asbergo del sentirsi pura.
Io vidi certo, e ancor par ch’io ’l veggia,
un busto sanza capo andar sì come
120 andavan li altri de la trista greggia;
e ’l capo tronco tenea per le chiome,
pesol con mano a guisa di lanterna:
123 e quel mirava noi e dicea: "Oh me!".
Di sé facea a sé stesso lucerna,
ed eran due in uno e uno in due;
126 com’esser può, quei sa che sì governa.
Quando diritto al piè del ponte fue,
levò ’l braccio alto con tutta la testa
129 per appressarne le parole sue,
che fuoro: "Or vedi la pena molesta,
tu che, spirando, vai veggendo i morti:
132 vedi s’alcuna è grande come questa.
E perché tu di me novella porti,
sappi ch’i’ son Bertram dal Bornio, quelli
135 che diedi al re giovane i ma’ conforti.
Io feci il padre e ’l figlio in sé ribelli;
Achitofèl non fé più d’Absalone
138 e di Davìd coi malvagi punzelli.
Perch’io parti’ così giunte persone,
partito porto il mio cerebro, lasso!,
141 dal suo principio ch’è in questo troncone.
Così s’osserva in me lo contrapasso".

PARAFRASI
Chi mai potrebbe sia pure in prosa parlare compiutamente del sangue e delle ferite che vidi allora, anche se le descrivesse più volte? Certamente ogni lingua sarebbe inadeguata a causa del nostro linguaggio e del nostro intelletto che hanno poca capacità a contenere fatti così straordinari. Se anche si riunisse tutta la gente che un tempo nella fortunosa terra di Puglia si dolse delle sue ferite per opera dei Romani (Troiani: in quanto discendevano da Enea e dai suoi compagni) e a causa del lungo conflitto che fruttò un così ingente bottino di anelli, come narra Livio, il quale non sbaglia,> con quella che provò dolori di ferite riportate nell’opporsi a Roberto Guiscardo, e con l’altra le cui ossa sono tuttora raccolte a Ceprano, là dove ogni pugliese fu traditore, e là presso Tagliacozzo, dove il vecchio Alardo vinse senza far uso delle armi, e ostentasse chi un suo membro trafitto e chi un suo membro mutilato, non sarebbe possibile uguagliare l’aspetto ripugnante della nona bolgia. Una botte, per il fatto che ha perduto la doga mediana o una delle laterali, non si apre certo così, come io vidi (aprirsi) un dannato, squarciato dal mento all’ano : gli intestini gli pendevano tra le gambe; gli si vedevano le interiora (la corata: polmoni, cuore, fegato, milza) e il lurido involucro che trasforma in sterco ciò che si inghiotte. Mentre avidamente fissavo lo sguardo su di lui, mi guardò, e si aperse il petto con le mani, dicendo: " Vedi dunque come mi lacero! vedi come è straziato Maometto! Davanti a me lagrimando cammina Alì, spaccato nel volto dal mento ai capelli. E tutti gli altri che vedi in questo luogo, furono da vivi seminatori di discordia e di scissione, e perciò sono così spaccati. Qui dietro è un diavolo che ci acconcia in modo tanto crudele, sottoponendo di nuovo ciascuno di questa turba al taglio della sua spada, quando abbiamo fatto il giro della bolgia dolorosa; poiché le ferite sono rimarginate prima che ciascuno di noi gli ritorni davanti. Ma chi sei tu che ti trattieni a guardare sul ponte, forse per ritardare di andare al castigo che è assegnato in giudizio in base a ciò di cui tu stesso ti sei accusato (davanti a Minosse; cfr. canto V, versi 7-8) ? " "Né morte ancora lo ha raggiunto, né lo spinge il peccato " rispose Virgilio " a subire la pena; ma per dargli una conoscenza completa delle pene infernali, io, che sono morto, debbo guidarlo quaggiù attraverso l’inferno di cerchio in cerchio: e ciò è vero com’è vero che ti sto parlando. " Furono più di cento le anime che, quando lo intesero, si fermarono nella bolgia a fissarmi dimenticando, per lo stupore. il loro tormento. " Dì dunque, tu che forse vedrai il sole tra poco, a fra Dolcino, se non vuole seguirmi all’inferno fra breve, di provvedersi di vettovaglie, in modo che l’assedio causato dalla neve non consenta al vescovo di Novara quella vittoria, che non sarebbe facile conquistare in altro modo. " Dopo che aveva sollevato uno dei piedi per andarsene, Maornetto mi disse queste parole; quindi lo riappoggiò in terra per allontanarsi. Un altro, che aveva la gola bucata e il naso mozzato fin sotto le ciglia, e non aveva più che un solo orecchio fermatosi a guardare per lo stupore con gli altri, prima degli altri spalancò la gola, che da ogni parte era di fuori insanguinata, e disse: " O tu che nessun peccato condanna e che io conobbi in Italia, se non mi trae in inganno ricordati di Pier da Medicina, se mai torni a vedere la dolce pianura che scende da Vercelli a Marcabò. E informa i due più ragguardevoli cittadini di Fano, messer Guido e anche Angiolello, che se la preveggenza nell’inferno non è errata, saranno gettati fuori della loro nave, e affogati presso Cattolica per il tradimento di uno sleale tiranno. Fra le isole di Cipro e di Maiorca Nettuno non vide mai un misfatto così grande, né da parte di pirati, né da parte di Greci. Quel traditore (Malatestino da Verrucchío, cieco d’un occhio) che vede soltanto con un occhio, e signoreggia la città che uno che è qui con me vorrebbe non aver mai visto, li inviterà a un abboccamento con lui; dopo farà in modo che essi non avranno più bisogno né di voti né di preghiere per scampare dal vento dei monte Focara ". E io a lui: " Mostrami e spiegami, se vuoi che io rechi nel mondo notizie di te, chi è colui al quale è stata dolorosa la vista (di Rimini) ". Allora appoggiò la mano sulla mascella di un suo compagno e gli aprì la bocca, gridando: " E’ proprio lui, e non parla. Costui, esiliato (da Roma), tolse a Cesare ogni esitazione, sostenendo che chi è preparato sempre sopporta con danno l’indugio ". Oh quanto mi sembrava avvilito con la lingua recisa nella gola, Curione, che fu così audace nel parlare! E uno che aveva entrambe le mani tagliate, alzando i moncherini nell’aria tenebrosa, così che il sangue gli imbrattava il volto, urlò: " Ti ricorderai anche del Mosca, che dissi, ahimè!, "Cosa fatta non può disfarsi, parole che furono origine di sventure per i Toscani ". E io replicai: " E rovina della tua stirpe "; per cui egli, aggiungendo dolore a dolore, se ne andò via come una persona esacerbata e fuori di sé. Ma io restai a osservare fissamente la schiera dei dannati, e vidi una cosa, che avrei timore di riferire da solo, senz’altra testimonianza, ma mi rende sicuro la coscienza, che è la valente compagnia che infonde coraggio all’uomo sotto la protezione della sua purezza. Senza alcun dubbio vidi, e mi pare ancora di vederlo, un tronco privo di testa camminare come camminavano gli altri dannati della sciagurata schiera e con la mano teneva sospeso per i capelli il capo mozzato come fosse stato una lanterna; e quello ci guardava, e diceva: " Ohimè! " Con gli occhi della propria testa guidava il suo corpo, ed erano due parti in un corpo e un corpo in due parti: come ciò può avvenire, lo sa Dio che così dispone. Quando si trovò proprio alla base del ponte, levò alto il suo braccio insieme con la testa, per farci giungere meglio le sue parole, che furono: " Osserva dunque la pena angosciosa tu che, vivo, te ne vai guardando i morti: vedi se ce n’è una straziante come la mia. E affinché tu possa recare notizie di me, sappi che io sono Bertran de Born, colui che diede al Re giovane i cattivi consigli. Feci diventare il padre e il figlio nemici tra loro: Achitofel non causò maggior danno ad Assalonne e a Davide con i suoi perfidi incitamenti. Poiché io divisi persone così unite, reco il mio cervello diviso, misero me!, dalla sua orìgine (principio: il midollo spinale) che sta in questo busto.

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