domenica 10 maggio 2009

CANTO QUINDICESIMO

Ora cen porta l’un de’ duri margini;
e ’l fummo del ruscel di sopra aduggia,
3 sì che dal foco salva l’acqua e li argini.
Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,
temendo ’l fiotto che ’nver’ lor s’avventa,
6 fanno lo schermo perché ’l mar si fuggia;
e quali Padoan lungo la Brenta,
per difender lor ville e lor castelli,
9 anzi che Carentana il caldo senta:
a tale imagine eran fatti quelli,
tutto che né sì alti né sì grossi,
12 qual che si fosse, lo maestro félli.
Già eravam da la selva rimossi
tanto, ch’i’ non avrei visto dov’era,
15 perch’io in dietro rivolto mi fossi,
quando incontrammo d’anime una schiera
che venian lungo l’argine, e ciascuna
18 ci riguardava come suol da sera
guardare uno altro sotto nuova luna;
e sì ver’ noi aguzzavan le ciglia
21 come ’l vecchio sartor fa ne la cruna.
Così adocchiato da cotal famiglia,
fui conosciuto da un, che mi prese
24 per lo lembo e gridò: "Qual maraviglia!".
E io, quando ’l suo braccio a me distese,
ficcaï li occhi per lo cotto aspetto,
27 sì che ’l viso abbrusciato non difese
la conoscenza süa al mio ’ntelletto;
e chinando la mano a la sua faccia,
30 rispuosi: "Siete voi qui, ser Brunetto?".
E quelli: "O figliuol mio, non ti dispiaccia
se Brunetto Latino un poco teco
33 ritorna ’n dietro e lascia andar la traccia".
I’ dissi lui: "Quanto posso, ven preco;
e se volete che con voi m’asseggia,
36 faròl, se piace a costui che vo seco".
"O figliuol", disse, "qual di questa greggia
s’arresta punto, giace poi cent’anni
39 sanz’arrostarsi quando ’l foco il feggia.
Però va oltre: i’ ti verrò a’ panni;
e poi rigiugnerò la mia masnada,
42 che va piangendo i suoi etterni danni".
Io non osava scender de la strada
per andar par di lui; ma ’l capo chino
45 tenea com’uom che reverente vada.
El cominciò: "Qual fortuna o destino
anzi l’ultimo dì qua giù ti mena?
48 e chi è questi che mostra ’l cammino?".
"Là sù di sopra, in la vita serena",
rispuos’io lui, "mi smarri’ in una valle,
51 avanti che l’età mia fosse piena.
Pur ier mattina le volsi le spalle:
questi m’apparve, tornand’ïo in quella,
54 e reducemi a ca per questo calle".
Ed elli a me: "Se tu segui tua stella,
non puoi fallire a glorïoso porto,
57 se ben m’accorsi ne la vita bella;
e s’io non fossi sì per tempo morto,
veggendo il cielo a te così benigno,
60 dato t’avrei a l’opera conforto.
Ma quello ingrato popolo maligno
che discese di Fiesole ab antico,
63 e tiene ancor del monte e del macigno,
ti si farà, per tuo ben far, nimico;
ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi
66 si disconvien fruttare al dolce fico.
Vecchia fama nel mondo li chiama orbi;
gent’è avara, invidiosa e superba:
69 dai lor costumi fa che tu ti forbi.
La tua fortuna tanto onor ti serba,
che l’una parte e l’altra avranno fame
72 di te; ma lungi fia dal becco l’erba.
Faccian le bestie fiesolane strame
di lor medesme, e non tocchin la pianta,
75 s’alcuna surge ancora in lor letame,
in cui riviva la sementa santa
di que’ Roman che vi rimaser quando
78 fu fatto il nido di malizia tanta".
"Se fosse tutto pieno il mio dimando",
rispuos’io lui, "voi non sareste ancora
81 de l’umana natura posto in bando;
ché ’n la mente m’è fitta, e or m’accora,
la cara e buona imagine paterna
84 di voi quando nel mondo ad ora ad ora
m’insegnavate come l’uom s’etterna:
e quant’io l’abbia in grado, mentr’io vivo
87 convien che ne la mia lingua si scerna.
Ciò che narrate di mio corso scrivo,
e serbolo a chiosar con altro testo
90 a donna che saprà, s’a lei arrivo.
Tanto vogl’io che vi sia manifesto,
pur che mia coscïenza non mi garra,
93 ch’a la Fortuna, come vuol, son presto.
Non è nuova a li orecchi miei tal arra:
però giri Fortuna la sua rota
96 come le piace, e ’l villan la sua marra".
Lo mio maestro allora in su la gota
destra si volse in dietro e riguardommi;
99 poi disse: "Bene ascolta chi la nota".
Né per tanto di men parlando vommi
con ser Brunetto, e dimando chi sono
102 li suoi compagni più noti e più sommi.
Ed elli a me: "Saper d’alcuno è buono;
de li altri fia laudabile tacerci,
105 ché ’l tempo sarìa corto a tanto suono.
In somma sappi che tutti fur cherci
e litterati grandi e di gran fama,
108 d’un peccato medesmo al mondo lerci.
Priscian sen va con quella turba grama,
e Francesco d’Accorso anche; e vedervi,
111 s’avessi avuto di tal tigna brama,
colui potei che dal servo de’ servi
fu trasmutato d’Arno in Bacchiglione,
114 dove lasciò li mal protesi nervi.
Di più direi; ma ’l venire e ’l sermone
più lungo esser non può, però ch’i’ veggio
117 là surger nuovo fummo del sabbione.
Gente vien con la quale esser non deggio.
Sieti raccomandato il mio Tesoro,
120 nel qual io vivo ancora, e più non cheggio".
Poi si rivolse, e parve di coloro
che corrono a Verona il drappo verde
123 per la campagna; e parve di costoro
quelli che vince, non colui che perde.

PARAFRASI
Ora ci porta una delle due salde sponde; e il vapore del ruscello fa schermo, in modo da riparare dalle fiamme l’acqua e gli argini. Come la diga che i Fiamminghi, temendo la marea che si scaglia contro di loro, innalzano tra Wissant e Bruges perché il mare si ritiri, e come quella che i Padovani (innalzano) lungo il corso del Brenta, per proteggere le loro città e i loro borghi fortificati, prima che la Carinzia (comprendeva anche la Valsugana dove nasce il Brenta) senta il caldo (che, sciogliendo le nevi, fa ingrossare i fiumi), in tal modo erano costruiti quegli argini, benché l’artefice, chiunque egli fosse stato, non li avesse fatti né così alti né così larghi. Già ci eravamo allontanati dalla selva tanto, che non avrei veduto dove essa era, anche se io mi fossi voltato indietro, quando incontrammo un gruppo di anime che camminavano lungo l’argine, e ognuna ci osservava come ci si scruta di sera nel periodo del novilunio; e aguzzavano lo sguardo verso di noi avvicinando l’una all’altra le palpebre così come il vecchio sarto fa (nello sforzo di introdurre il filo) nella cruna dell’ago. Osservato in tal modo da questa schiera, fui riconosciuto da uno, che afferrò l’orlo della mia veste e gridò: "Quale sorpresa! " E io, allorché tese il suo braccio verso di me, fissai lo sguardo in quei lineamenti bruciati, in modo che il volto ustionato non impedì alla mia mente di riconoscerlo; e chinando il mio viso verso il suo, risposi: "Qui vi trovate, ser Brunetto? " E quello: " Figliolo, non ti rincresca il fatto che Brunetto Latini torni un po’ indietro con te e abbandoni la schiera ". Gli dissi: " Ve ne prego di tutto cuore; e se volete che mi sieda con voi, lo farò, se la cosa incontra l’approvazione di costui insieme al quale cammino ". " Figlio ", disse, " chiunque di questa schiera si ferma per un attiimo, giace poi per cento anni senza poter difendersi quando la pioggia di fuoco lo colpisce. Perciò continua a procedere: io ti camminerò accanto; poi raggiungerò la mia schiera, che sconta dolorosamente la sua pena eterna. " Io non osavo scendere dall’argine (della strada) per camminare al suo stesso livello; ma tenevo la testa china come chi cammina pieno di riverenza. Egli cominciò a parlare: "Quale caso o quale volere divino ti conduce quaggiù prima dell’ultimo giorno (prima della morte)? e chi è costui che indica la strada? " " Lassù, nel mondo luminoso " gli risposi " mi perdetti in una valle, prima che la parabola della mia vita fosse giunta al suo culmine. Soltanto ieri mattina l’ho lasciata: costui mi si mostrò nel momento in cui stavo per rientrare in essa, e mi riconduce a casa (sulla retta via) attraverso questo cammino." Ed egli: " Se tu segui l’ astro che ti guida, non puoi non approdare alla gloria, se non errai nel mio giudizio mentre ero tra i vivi; e se io non fossi morto tanto presto, vedendo il cielo a te così favorevole, ti avrei incoraggiato e sostenuto nella tua opera. Ma quel popolo ingrato e perverso che anticamente scese da Fiesole, e ancora conserva l’indole della rupe e della pietra, diventerà, per il tuo retto agire, tuo nemìco: ed è giusto, poiché il dolce fico non deve produrre i suoi frutti in mezzo ai sorbi aspri. Un antico detto nel mondo dei vivi li definisce ciechi; è gente avara, invidiosa e superba: fa in modo di mantenerti immune dai loro costumi . La tua sorte ti riserva tanto onore, che sia l’uno che l’altro partito (sia i Neri che i Bianchi) vorranno divorarti; ma l’erba sarà lontana dal caprone, Le belve discese da Fiesole facciano foraggio di loro medesime (si divorino fra di loro), e non tocchino l’albero, se in mezzo alla loro sozzura se ne eleva ancor uno, nel quale riviva il sacro seme di quei Romani che lì si fermarono allorché si costituì il covo di tanta malvagità ". " Se la mia preghiera fosse stata interamente esaudita " gli risposi, " voi non sareste ancora morto (dell’umana natura posto in bando: esiliato dalla vita umana). poiché nella mia memoria è impresso, e adesso mi addolora, il caro e buon aspetto paterno che avevate quando in vita di tanto in tanto mi insegnavate come l’uomo acquista gloria imperitura: e quanto (il vostro aspetto) mi sia gradito, è giusto che si veda attraverso le mie parole. Quello che mi raccontate sul corso della mia vita lo annoto nella memoria, e lo conservo per farlo interpretare insieme con un’altra predizione (la profezia di Farinata) da una donna (Beatrìce) che ne sarà capace, se sarò in grado di arrivare fino a lei. Questo soltanto voglio che sappiate: sono preparato ai colpi della Fortuna, comunque voglia colpirmi, purché la mia coscienza non mi rimproveri. Una tale promessa non è nuova al mio udito: perciò la Fortuna giri pure la sua ruota come vuole, e il contadino la sua zappa." Virgilio si volse allora indietro verso destra, e mi fissò; poi disse: "Ascolta con profitto una cosa chi sa ricordarla ". Nondimeno continuo a camminare parlando con ser Brunetto, e chiedo chi siano i suoi compagni più celebri e più egregi. Ed egli: " E’ bene apprendere qualcosa intorno ad alcuni (di loro); degli altri sarà cosa lodevole non fare menzione, poiché il tempo non basterebbe a un discorso così lungo. Sappi in breve che furono tutti ecclesiastici e dotti di grande valore e di grande rinomanza, insozzati in vita da un medesimo peccato. Con quella folla infelice se ne vanno Prisciano e Francesco d’Accorso; e se avessi avuto desiderio di guardare una tale sozzura, avresti potuto vedere in essa colui che dal pontefice fu trasferito da Firenze a Vicenza, dove lasciò la sua vita peccaminosa. Parlerei più a lungo; ma il camminare e il parlare non possono essere prolungati, poiché vedo laggiù levarsi nuova polvere dalla distesa sabbiosa. Si avvicina una schiera alla quale non devo unirmi: ti sia raccomandato il mio Tesoro nel quale sopravvívo, e non chiedo altro ". Poi si voltò, e sembrò uno di quelli che a Verona corrono nella campagna (gareggiando per vincere) il drappo verde; e sembrò quello che tra costoro vince, non quello che perde.

Nessun commento:

Posta un commento